Nonna, mi racconti una storia? Va bene, cara … visto che oggi, 25 novembre, è la “Giornata contro la violenza sulle donne”, ti racconto una storia a tema, a due voci: un lui e una lei che parlano. Il titolo
Il RAGNO ovvero IO VOGLIO STARE TRANQUILLO
E’ un dialogo, la storia del ragno che tesse la sua tela e cattura la sua preda. Preda velenosa.
Ti ho trovata, predisposta e impreparata, ti ho plagiata e ti ho frega
ta, eri piccola, piccola, piccola … così!Ti ho braccata, benestante studentessa, ed hai ceduto. Però non mi basta … Io voglio stare tranquillo!
Quindi, intorno ti faccio terra bruciata e poi mi sposerai di corsa, perché sei piccola, piccola, piccola … così! E mi piacciono i soldi di tuo padre.
Era una canzone di Fred Buscaglione, sai, nipote? … eri piccola … piccola … piccola ... così! Piccola e scema, ma alla fine, letale.
Non vedrai più nessuno. Ma perché? Perché a me dispiace … io voglio stare tranquillo!
Non frequenteremo e non frequenterai i tuoi Ma perché? Hanno i soldi, ma non sganciano quanta grana dico io! E a me mi rode.
Adesso sei mia moglie prima dessere loro figlia, sei mia. E sei piccola, piccola, piccola … così!
Non metterai i gioielli di famiglia. Ma perché? Tuo padre ha soldi e li ha comprati, io no. E a me mi rode. Porterai gioielli da povera. Come mia madre. A lei non rode di niente ed è felice lo stesso. Io no. Metterai solo la catenina che ti ho regalato io.
Odio tuo fratello. Ma perché? Perché è mantenuto agli studi e io no, devo frequentare l’università di sera. E a me mi rode. Ma poverino, il ragno … che vita sfortunata! Noi “ricchi” e tu povero! Ti comprendo … anche se non sempre.
Quando ti voglio, ti voglio, e se vai a dormire prima perché magari non ne hai voglia, stai tranquilla che ti sveglio. Io voglio stare tranquillo!
Ecco qui: questo è il cane! Quello che io ho sempre voluto, e anche tu … dì la verità. E’ mio, il cane, e tu lo curerai … non mi interessa se lo amerai e, se succederà, meglio per te! A me piace così. E della casa nuova, pulita e ordinata che sporcherà e rosicchierà non mi importa nulla. Non è roba che ho pagato io. Non c’è il mio nome sull’atto notarile.
Vai a lavorare, ma solo perché servono soldi: anche mia madre lo fa. La tua è solo casalinga.
In vacanza, solo a scrocco dai tuoi. E i soldi della mia famiglia originaria me li tengo, non una lira dei miei per sposarci, figurati per farti divertire! Con quei soldi ci faccio subito la casa al paese, sui ruderi appartenuti al nonno. Andremo lì. A me piace così. Certo, non ti dico in faccia che odio voi che non cedete i vostri soldi a noi poveri. Tu stai zitta coi tuoi, ma … i soldini li voglio, ne ho diritto, “li ho sposati” apposta! E prima o poi …
Due schiaffi te li sei meritati strada facendo … trucco agli occhi, contatti sospetti … io voglio stare tranquillo! Modestia … giù la testa, ginocchia ben coperte e obbedienza … io comando. Beh, ti lamenti? Tuo padre ti ha sempre comandata, vuoi che non lo faccia io?
Il padre … il professore universitario … il ragno …
Maledetto ragno, tela immensa … ma non d’amore! Perché l’amore mio, inesperto e puro, l’hai distrutto col tuo bisogno di potere, col controllo, con la voglia dei quattro soldi di mio padre. Ho capito. Hai quella voglia di chi si sente povero fuori, perché è povero, poverissimo e miserrimo dentro. Quelli senza soldi, hanno troppa dignità per volere il potere. Tu no. Mio padre e il ragno, io in mezzo a chi tira più forte dei due.
Uno non molla ciò che l’altro pretende. Io, non voglio nulla, ma non so più stare nel mezzo. Il lavoro nobilita l’uomo, ma anche la donna. Il lavoro istruisce l’autostima. L’orgoglio è buona cosa, ma chi pretende non ha orgoglio. La mia autostima, nata inesistente e calpestata in viaggio, ora è un muro contro cui ogni cosa sbatte, e ci sbatterà contro anche la morte.
Fai tesoro di questa storia, nipote!
Nessun commento:
Posta un commento